Piaceri da gustare
Mangiare è incorporare un territorio. A Cetara bastano due gocce di colatura d’alici
Mangiare è incorporare un territorio: bastano due gocce di colatura d’alici - come condimento di uno spaghetto oppure di una verdura o ancora versate su una fetta di pane - per convenire col pensiero del celebre geologo francese Jean Brunhes. Perché saggiare, provare, degustare, la colatura di alici significa incorporare Cetara, respirarne il profumo, conoscerne la storia, riconoscerne l’identità.
La colatura è un vero concentrato di mare i cui segreti sono tramandati di padre in figlio fin dal XIII secolo, dietro insegnamento dei monaci cistercensi della canonica di San Pietro a Tuczolo, colle vicino Amalfi.
Gli storici dell’alimentazione l’hanno paragonata all’antico garum, salsa derivante dalla fermentazione del pesce azzurro che gli antichi greci e romani amavano cospargere su molte pietanze, e che Plinio descrive nei banchetti dei patrizi cucinati dal mitico cuoco Apicio. La colatura è più raffinata e più delicata: è liquida, limpida, di un bel colore ambrato.
Storia antica quella della “colatura di alici”, che per secoli ha trovato una diffusione limitata, in Costiera ma soprattutto a Cetara: da consolidata tradizione, veniva utilizzata per condire gli spaghetti o le linguine alla vigilia di Natale. Quando cioè era pronta. Già, perché la tecnica per ottenere questo liquido consiste nella salatura delle alici pescate nel mare antistante il golfo di Salerno e poi lasciate a “maturare” - dopo averle decapitate e tolto le interiora - per almeno nove mesi (da marzo a dicembre) in un contenitore di legno chiamato terzigno. Pressoché sconosciuta sino a 30 anni fa, la colatura di alici è diventata un marchio: la colatura di alici di Cetara. Il marchio di un paese che ha creduto in una sua eccellenza fino a portarla sulle tavole di tutto il mondo. Nel 2020 la “Colatura di alici di Cetara” ha infatti ricevuto il riconoscimento Dop, cioè la certificazione di Denominazione d’origine protetta, tutela di rango europeo.
Un lungo percorso avviato nel 1993 dalla Pro Loco di Cetara. È da questa data che le alici e la loro colatura iniziano a fare il miracolo: un ingrediente fino a quel momento senza valore commerciale, consumato solo in casa, barattato con altri alimenti, si avvia a trasformarsi in un simbolo della cucina moderna e salutare. Nel momento in cui la produzione artigianale stava scomparendo alcune trattorie del borgo iniziarono infatti a utilizzarla nei loro piatti: spaghetti, vermicelli, risotti, verdure. I primi a sdoganarla furono Gennaro Castiello e Gennaro Marciante del ristorante Acquapazza. Nel 2003, grazie all'attività dell'associazione locale “Amici delle Alici”, Slow Food ne riconobbe la peculiarità istituendo il presidio “Colatura tradizionale di Alici di Cetara”, proprio per tutelarne la produzione secondo i dettami tradizionali, mentre già numerose apparivano imitazioni e contraffazioni.
Il “progetto DOP” scattò nel 2015 quando un gruppo d’imprenditori e amministratori locali decise di costituire la “Associazione per la Valorizzazione della Colatura di Alici di Cetara” affidandone la guida a Lucia Di Mauro, l’associazione composta da quattro produttori (Iasa, Delfino Battista, Nettuno, Armatore), tre ristoratori (San Pietro, Al Convento e La Cianciola) e due armatori, Salvatore Pappalardo e Federmar, impegnati anche nella pesca delle alici. Nel 2020 arriverà quindi il riconoscimento Dop: la colatura di Alici di Cetara è un must, richiamo irrinunciabile per palati fini, il simbolo di Cetara esportato e apprezzato in tutto il mondo. Assaggiare la colatura di Cetara è incorporare Cetara.